p. Alberto Maggi OSM


CORAGGIO:

IO HO VINTO IL MONDO

 

LA VITTORIA DEGLI SCONFITTI


Napoli

20 ottobre 2010

 

trasposizione da audioregistrazione non rivista dall'autore


Nota: la trasposizione è alla lettera, gli errori di composizione sono dovuti alla differenza fra la lingua scritta e la lingua parlata e la punteggiatura è posizionata a orecchio.

 

Bene, buona sera a tutti. Grazie a Luigi e agli amici del Filo per questo invito.

Saluto i volti e le persone che conosco, perché sono tanti anni ormai che vengo a Napoli, anche se adesso c’è stato un po’ uno stop per tanti motivi. Ma vedo tanti, tanti volti nuovi di persone che non conosco, quindi ben venuti. E a tutti l’augurio che, è un po’ una presunzione, che dopo questo incontro questa sera ci sentiamo tutti almeno più felici o più sereni, perché questo è l’effetto dell’incontro con la parola del Signore. La parola di Gesù è la stessa parola del Dio creatore e questa parola contiene in se un’energia, una potenza creatrice, che quando questa parola viene accolta e fatta nostra, libera e sprigiona tutta la sua potenza creatrice e non può lasciarci come prima. Quindi l’augurio che ci facciamo questa sera è un augurio di essere, dopo questo incontro, almeno così ci speriamo e ci preghiamo, tutti più felici e più sereni, anche perché, comincio dalla conclusione, concluderemo con una parola di Gesù che è sconcertante. Lui ci dice: “Coraggio. – e lo dice ai suoi discepoli – io ho vinto il mondo.”(Gv 16,33).

È strano: noi ci saremo aspettati che Gesù dicesse “Coraggio, io vincerò il mondo.” Quindi la promessa di una vittoria futura. E invece Gesù assicura “Coraggio, io ho vinto il mondo.” La vittoria c’è già, perché chi si situa in sintonia con la vita, chi si situa in sintonia con l’amore, con la luce è già vincitore. E pensate che Gesù pronuncia queste parole appena qualche ora prima di essere arrestato e poi assassinato. Eppure Gesù ci assicura: “Coraggio, io ho vinto il mondo.”

Allora l’augurio che vi faccio e che faccio questa sera è che questo incontro ci doni la serenità di saperci già vincitori, pur messi, è normale, fa parte della vita, in mezzo a difficoltà, in mezzo a circostanze che a volte sono negative, in mezzo a dispiaceri, in mezzo a situazioni che ci preoccupano. Noi abbiamo una certezza che se accogliamo questa parola e ci mettiamo in sintonia con questa, siamo già i vincitori.

Allora questa sera qui con voi volevo esaminare, se non tutto, almeno le parti principali, di uno dei capitoli di Giovanni che, essendo considerato uno dei capitoli più complicati, più difficili, e in effetti lo è, è quello meno conosciuto, meno divulgato. È il capitolo sedici, del Vangelo di Giovanni. Il Vangelo, per i primi quattro secoli nella Chiesa primitiva, venne considerato un testo vivente. Cosa significa? A quell’epoca, fino al quarto secolo, non c’erano le edizioni dei Vangeli, come noi oggi riconosciamo, cioè tutti i quattro Vangeli riuniti assieme, ma ogni comunità aveva ricevuto da un evangelizzatore un suo Vangelo. Quindi c’erano comunità fondate dai discepoli di Matteo, quelle fondate dai discepoli di Marco, quelle di Luca e quelle di Giovanni. Queste comunità fra di loro si scambiavano i loro Vangeli, in modo che l’una riceveva la ricchezza dell’altra comunità e poi l’arricchiva con la sua esperienza. Per cui, per quattro secoli ogni comunità si sentiva autorizzata ad accrescere il Vangelo che aveva ricevuto, per renderlo, se era così possibile, in qualche maniera, ancora più ricco.

E bene, la prova di tutto questo ce l’abbiamo nel Vangelo di Giovanni, dove il capitolo 14 termina con queste parole di Gesù: “Alzatevi. Andiamo via di qui.” Ma poi dopo se uno va a leggere si legge che: “E Gesù disse: io sono la vera vite e voi i tralci e il Padre mio l’agricoltore.” E inizia Gesù un lunghissimo discorso, che continua per tutto il capitolo 15, il capitolo 16 che è quello che questa sera cerchiamo di vedere, e si conclude al capitolo 17. Soltanto all’inizio del capitolo 18 si legge: “E detto questo uscì con i suoi discepoli.”

Il testo primitivo, il testo più antico di questo Vangelo dal capitolo 14 andava direttamente al capitolo 18. se noi togliamo questi tre capitoli vediamo come è tutto molto più liscio, funziona tutto meglio. Gesù disse: “Alzatevi, andiamo via da qui. Detto questo Gesù uscì con i suoi discepoli e andò al di la del torrente Cedron.” Quindi vedete che se togliamo questi tre capitoli è più equilibrato il racconto.

Allora cosa sono questi tre capitoli, il capitolo 15, il capitolo 16 e il capitolo 17? Gesù aveva detto che i suoi discepoli ancora non erano in grado di capire tutte le sue parole, perché? Essendo espressioni di un amore totale, incondizionato, soltanto nella misura in cui l’uomo cresce nell’amore può capire l’amore di Gesù. Quindi la comunità primitiva di Gesù ha compreso soltanto dei frammenti del suo insegnamento. Poi man mano che questa comunità ha accolto il suo messaggio e ha dilatato la sua capacità d’amore, ecco che le parole di Gesù risuonavano e venivano ricordate, come nuove.

Questo è valido per sempre. Anche noi del Vangelo possiamo comprendere soltanto quella parte che la nostra capacità d’amore ci consente di comprendere. Nella misura che noi siamo capaci di dilatare la nostra capacità d’amore, di allargare la nostra disponibilità verso gli altri e, soprattutto, e questo è importante, nella misura che noi siamo profondamente umani - non profondamente religiosi ma profondamente umani – riusciamo a percepire meglio il messaggio di Gesù, perché noi siamo i seguaci di un Dio che si è fatto uomo, cioè pienamente uomo, la pienezza dell’umanità. Pertanto chi di noi diventa pienamente umano, profondamente umano – essere umano significa avere un atteggiamento di profonda sensibilità, nei confronti dei bisogni, delle sofferenze, delle necessità degli altri, un atteggiamento di grande sensibilità e di compassione per tutti – chi è profondamente umano, riesce a percepire meglio il messaggio di Gesù.

Allora la comunità di Gesù, dopo la sua morte, si è trovata travolta da una tempesta che rischiava di ucciderla fin dalle sue radici. Perché? Si è scatenata contro Gesù e poi dopo contro i discepoli una persecuzione ma non da parte di quelli che ci si sarebbe aspettati, i pagani, i peccatori, i miscredenti. La persecuzione, quella che ha fatto più male, e quella che ha messo in crisi la comunità si è scatenata da parte delle istituzioni religiose, dai rappresentanti di Dio. Allora la comunità si è sentita come persa. Com’è possibile che le istituzioni religiose che erano le istituzioni che rappresentavano Dio e la sua volontà si scatenassero con un odio mortale contro la comunità di Gesù? e questo rischiava di mettere in crisi la primitiva comunità cristiana.

Allora nella persecuzione, nella tentazione dello scoraggiamento, nel vedersi così perseguitata, la comunità, dilatando la sua capacità d’amore, ha compreso meglio il messaggio di Gesù, per cui il testo che adesso vedremo è preziosissimo, perché racchiude sì, le parole di Gesù che finalmente la comunità ha compreso ma parole di Gesù arricchite dall’esperienza della comunità cristiana, che si sentiva spersa, di fronte a un oceano di dolore, di persecuzione. Era una comunità che sente di essere una piccola cosa, di fronte all’immensità del male e non c’è nulla di peggio che lo scoraggiamento.

Come possiamo, piccolo gruppo, fronteggiare tanto male? Come possiamo, come piccolo gruppo, fronteggiare tante ingiustizie, tante cattiverie? Allora la tentazione è di tirare i remi in barca, di scoraggiarsi, che tanto il mondo è così, e meglio non può andare.

Allora è proprio a questa comunità che risuonano le parole di Gesù e il capitolo 16, che adesso vedremo, inizia con le parole di Gesù “Vi ho detto questo, perché non siate scandalizzati.” Allora vediamo che cos’è che Gesù ha detto.

Gesù inizia nel capitolo 15, con un’affermazione talmente importante, talmente ricca, che se compresa cambia radicalmente il rapporto dell’uomo con dio e di conseguenza lo cambia con i fratelli. Gesù, all’inizio del capitolo 15 dice: “Io sono la vera vite, voi siete i tralci, il Padre mio è l’agricoltore.” C’è una netta divisione dei ruoli. Lui è la vita. La vite cos è? È il fusto dove scorre la linfa vitale. Il Padre è l’agricoltore, colui al quale interessa che la vite produca sempre più frutto. E voi siete i tralci. Chi sono i tralci? Sono coloro che, raccogliendo questa linfa vitale, la devono trasformare poi in grappoli, in grappoli d’uva.

E bene, dice Gesù “Ogni tralcio che in me non porta frutto lo toglie.” Gesù dice che non è tollerabile che all’interno della comunità cristiana ci sia qualcuno che riceve questo amore ma poi non lo trasmette agli altri. La dinamica che fa crescere le persone, il fattore di maturazione dell’individuo è che l’amore ricevuto da Dio si trasforma poi in amore comunicato per gli altri.

Quando non c’è questa duplice funzione, quando l’amore ricevuto ristagna e non si trasforma in amore comunicato per gli altri, questo per Gesù è un discepolo completamente inutile. Nell’eucaristia, perché il discorso è eucaristico, Gesù si fa pane, perché chi lo accoglie e lo mangia, lo assimila, sia poi capace di farsi pane per gli altri. Gesù si fa mangiare, ci comunica la vita, perché poi chi lo mangia sia capace con lui e come lui di farsi pane, cioè fonte di vita per gli altri.

Allora Gesù è molto chiaro: chi nella comunità accoglie questa linfa vitale ma poi non la trasforma in altrettanto amore è un essere inutile e, attenzione, non sono gli altri tralci, i discepoli, a giudicarlo e condannarlo; neanche Gesù, perché come dice Gesù lui non è venuto per giudicare, né per condannare ma per comunicare vita; il Padre, sa qual è il tralcio inutile, quello che succhia la linfa vitale e poi non la trasforma in frutto ed è lui che lo elimina.

Ma a noi quello che ci interessa è la parte positiva: “E ogni tralcio che porta frutto” quindi ogni tralcio che, succhiando questa linfa vitale, poi la trasforma in un grappolo – questo . dice Gesù “lo purifica, perché porti più frutto.”

Quello che Gesù sta dicendo è straordinario, perché cambia completamente la direzione spirituale del credente, cambia completamente il rapporto con dio, che le persone hanno. Gesù dice che il tralcio che porta frutto il Padre lo purifica.

Qual è l’interesse dell’agricoltore? L’interesse dell’agricoltore è che la vigna produca sempre più frutto, un frutto più abbondante. Allora sarà interesse dell’agricoltore eliminare dai tralci quelle impurità, quegli elementi nocivi, negativi, che impediscono al tralcio di portare più frutto.

Ma, attenzione: è il Padre che ci pensa, non il tralcio. Gesù sta infondendo, e poi lo vedremo, perché ci invita alla pienezza della felicità, addirittura alla pienezza della sua gioia. Gesù sta infondendo quella che poi sarà un’esplosione di serenità nella vita del credente. In ognuno di noi è normale, perché siamo limitati, in ognuno di noi ci sono delle imperfezioni; in ognuno di noi ci sono dei difetti, ci sono dei limiti, ci sono delle tendenze che reputiamo cattive. Ebbene, il Signore dice “Non te ne preoccupare”.

Tu preoccupati soltanto che questo amore che ricevi da Dio lo devi trasformare in amore da comunicare agli altri, attraverso opere, che trasmettono, comunicano e arricchiscono la vita. Se c’è in te un elemento nocivo, se c’è in te un difetto, se c’è in te qualche limite o qualche tendenza che non tu ma il Padre sa che è di impedimento per portare più frutto è lui che lo elimina.”

Voi capite che questo da la serenità perfetta. L’uomo non deve più pensare a se stesso ma deve soltanto occuparsi degli altri, perché non c’è nulla di più devastante e di più paralizzante, nella vita spirituale delle persone che si preoccupano per se stesse. Quando noi ci occupiamo di noi stessi, quando noi ci preoccupiamo di noi stessi significa che sottraiamo energie che andavano invece impiegate per occuparci degli altri e per preoccuparci degli altri. Allora Gesù chiede di mettere via quell’idea nefasta della perfezione spirituale

La perfezione spirituale è tanto lontana, tanto astratta, quanto grande sarà la nostra ambizione spirituale ed è irraggiungibile. Gesù ci chiede di mettere via questa idea di perfezione spirituale ma di concentrarci sul dono di noi stessi. Mentre l’idea di perfezione è lontana e astratta, tanto quanto è grande la nostra ambizione il dono di noi stessi può essere immediato e totale, quanto è grande il nostro cuore.

Quindi in queste parole di Gesù, c’è un elenco di, poi, quello che troveremo nella prima lettera di Giovanni, dove l’autore dice: “Figlio, se il tuo cuore” – il cuore nella cultura ebraica è l’equivalente della nostra coscienza – “se la tua coscienza ti condanna qualcosa ma non ti preoccupare. Dio è più grande del tuo cuore.” Cioè Gesù ci chiede voi occupatevi degli altri. Se c’è in voi qualche elemento negativo che il Padre sa che impedisce di portare frutto, lui lo elimina, perché se ci provate voi, se ci tentate voi potete causare dei danni irrimediabili. Se noi ci concentriamo sui nostri difetti, sui nostri limiti per cercare di eliminarli rischiamo addirittura di rafforzarli, di potenziarli, perché, come dicevo, non c’è nulla di più devastante di quando una persona si concentra su se stessa.

Allora questo cambia completamente il rapporto con Dio e il rapporto con gli altri. Noi siamo sereni. Anche se c’è qualcosa che non va nella nostra vita sarà il Padre che lo elimina, non siamo noi. Allora Gesù ci invita a fare questo.

Poi Gesù, continuando, dice che “Questo vi ho detto, perché la gioia, quella mia sia in voi e la vostra gioia sia piena.” La caratteristica del credente è una pienezza di gioia talmente colma, traboccante da poter poi essere trasmessa. Ci si chiede, ed è importante interrogarselo, come mai questo messaggio della gioia? E tra l’altro il Vangelo è chiamato “buona notizia”.

Come mai questo messaggio della gioia, della buona notizia nei secoli è stato talmente trasformato, che ha fatto della nostra fede più una religione per persone tristi, che per persone allegre. Come è stato possibile che questo invito alla pienezza della gioia sia stato visto dai credenti come quasi una situazione pericolosa, che ci esponeva alle scelte di Dio, di togliere la nostra gioia?

Dico questo perché eredi purtroppo di una cultura pagana, dove c’erano gli dèi che godevano di una condizione privilegiata di felicità piena, nel mondo pagano, quando gli dèi si accorgevano che sulla Terra una persona raggiungeva una situazione di gioia, di felicità che gli dèi consideravano intollerabile, intervenivano subito con una disgrazia, intervenivano con qualcosa.

E bene, nonostante che Gesù ci abbia assicurato che l’accoglienza delle sue parole produce in noi gioia ma, attenzione a cosa dice Gesù “Vi ho detto questo perché la gioia, quella mia”. Non una gioia qualunque, la gioia stessa dell’uomo Dio, la gioia di Dio, come è stato possibile che questo messaggio sia stato inquinato da queste dottrine del mondo pagano?

Dico questo perché sapete ci sono persone che hanno paura di vivere momenti di felicità, momenti di gioia, perché se per caso se ne accorge quello lassù senz’altro prima o poi arriva qualcosa di traverso. La riprova è nel linguaggio popolare. Io credo che conoscete tutti quanti queste espressioni, quando capita, ed è normale la vita ci presenta momenti positivi, poi ci presenta momenti negativi, fa parte della dinamica della vita.

Quando capitano questi momenti negativi sapete molte persone cosa dicono? “Me l’aspettavo. Andava tutto troppo bene e sentivo che doveva succedere qualcosa.” Cioè questa idea malefica avvelena l’esistenza e invece l’invito di Gesù “Tutto quello che io vi dico è perché la vostra gioia sia piena.”

La volontà di Dio coincide con quella che è la massima aspirazione degli uomini: la felicità. Dio vuole che siamo felici ma qui su questa Terra, non nell’al di là. Che ci interessa essere felici nell’al di là se siamo infelici su questa Terra?

Voi sapete che una delle bestemmie nella religione, delle espressioni religiose è che siamo nati per soffrire, la felicità non è di questo mondo, siamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime, la piscina personale delle persone pie e devote e questo fa sì che queste parole di Gesù rimangano lettera vuota. La volontà di dio è che noi siamo pienamente felici qui, in questa esistenza. E lui ci ha detto anche come si può essere felici. C’è negli Atti degli apostoli una frase di Gesù che è questa: “Vi è più gioia e felicità nel dare, che nel ricevere.” Perché possiamo pienamente qui in questa Terra?

Perché la felicità non dipende dalle situazioni a noi esterne, cioè da quello che gli uomini possono fare per noi. Se la nostra felicità dipende dagli altri noi rischiamo di andare sempre delusi per la vita, perché gli altri non possono entrare nel nostro cervello, nel nostro cuore. Se la mia felicità dipende da quello che gli altri devono fare per me, io rischio di andare per la vita sempre amareggiato e invece Gesù dice “No, la felicità consiste non in quello che ricevi ma in quello che dai.” Per questo la felicità, su questa Terra, può essere piena, completa e totale.

Allora Gesù dice “Questo vi ho detto perché la gioia, quella mia, sia in voi – la stessa gioia di Dio, la gioia di sentirsi amati immeritatamente, incondizionatamente dal Padre, la gioia soprattutto di sapere, e questo lo può portare a capire soltanto chi ne fa l’esperienza, la gioia di poter sperimentare un Padre che non è lontano da noi ma ci è talmente intimo che addirittura vuole essere nel più profondo della nostra esistenza.

Vedete, un’altra delle immagini del mondo pagano che hanno inquinato il messaggio di Gesù è che gli dèi stanno lontano, stanno nell’alto dei cieli, divinità lontane alle quali bisogna invocare, che bisogna gridare, che bisogna chiamare ma abbiamo mai sentito quelle parole di Gesù che dice nel Vangelo di Giovanni “A chi mi ama il Padre mio e io verremo in lui e in lui prenderemo dimora.”

Dio è talmente innamorato degli uomini che chiede agli uomini di essere accolto nella loro vita, per fondersi con loro e dilatarli nella capacità d’amore. Questo è il Dio che noi conosciamo. Ecco perché la gioia. Un Dio che chiede di essere accolto, un Dio che non chiede di vivere per lui ma un Dio che chiede di vivere di lui e con lui e come lui andare verso gli altri.

Con Gesù, sapete la direzione dell’umanità ha cambiato direzione. Prima di Gesù gli uomini andavano verso Dio con i propri sforzi, con le proprie capacità. L’uomo viveva per Dio. Con Gesù tutto questo è cambiato. Perché? Con Gesù Dio non è più da cercare ma da accogliere - scrive l’Evangelista Matteo che Gesù è il Dio con noi – e chiede di essere accolto e con lui e come lui, andare verso gli altri.

La direzione dell’umanità cambia: non più l’uomo che va verso Dio ma Dio nell’uomo e con l’uomo che va verso gli altri uomini, per portare su tutti il suo messaggio d’amore. Allora le parole di Gesù lui ci lascia tutto questo messaggio, perché la nostra gioia sia piena e traboccante.

La gioia si può trasmettere soltanto in una maniera. Non si può trasmettere la gioia con una dottrina, non si può trasmettere la gioia con un insegnamento. La gioia si trasmette soltanto, essendo talmente carichi di gioia, da poter contagiare gli altri. Non c’è altra maniera per contagiare, per inondare di gioia le persone.

E bene, Gesù continua questo suo insegnamento nel capitolo 15, ricorda il comandamento dell’amore ”Amatevi tra di voi, come io ho amato voi” e, all’improvviso, nel versetto diciotto del capitolo 15 Gesù cambia registro e arriva la doccia fredda. Quindi Gesù parla di un amore del Padre, che si prende cura dei suoi, un Dio che vuole e coopera affinché l’uomo in questa Terra raggiunga una pienezza di felicità talmente traboccante, questa adesione a Gesù trasforma la relazione tra gli uomini e Dio, gli uomini non sono più considerati servi di Dio ma gli uomini sono chiamati ad essere figli di dio.

Gesù ha proposto una nuova alleanza diversa da quella conosciuta: l’alleanza di Mosè servo del Signore era stata un’alleanza imposta tra dei servi e il loro Signore, basata sull’obbedienza; l’alleanza che offre Gesù è quella proposta da un servo per il suo Signore ma Gesù che è il figlio di Dio propone un’alleanza tra dei figli e il loro Padre, non più basata sull’obbedienza ma basata sull’assomiglianza.

Quindi è l’uomo che, come abbiamo detto, non vive più per Dio ma vive di Dio, un Dio che continuamente alimenta il suo amore. L’amore alimenta se stesso. Quindi questa dinamica che abbiamo visto di un amore ricevuto da Dio, che si trasforma in amore comunicato. Più l’uomo riesce a comunicare questo amore e più contenta il padre di concedergli un amore senza limiti. Il limite lo mettiamo noi. Quindi il fattore di crescita delle persone era un amore che diventa generoso.

E bene, dopo tutto questo ci aspetteremo che Gesù dice “e se fate questo la società si innamorerà di voi. Sarete portati in palma di mano, riceverete gli applausi!” e invece a un certo momento Gesù dice “Se il mondo vi odia sappiate che prima di voi ha odiato me.” Improvvisamente cambia registro, Gesù. Perché parla di odio del mondo? Perché chi accoglie Gesù non si allontana dal resto dell’umanità ma si avvicina in maniera ancora più incisiva ed è attento ai bisogni e alle sofferenze degli uomini. Vedete, c’è una caratteristica che va spesso sottolineata, perché ce la dimentichiamo: avete mai notato come mai Gesù nei Vangeli non inviti mai le persone ad essere sante?

Se noi prendiamo i libri dell’Antico testamento vengono cadenzate dall’imperativo di Dio “Siate santi perché io sono santo.” Mai nei Vangeli c’è l’invito di Gesù, e pure Gesù è dio, non ripete le parole di Dio “Siate santi, perché io sono santo.” Mai. Neanche una volta, da parte di Gesù c’è l’invito alla santità. Perché cosa si intendeva per santità? Si intendeva la messa in pratica rigorosa di regole, di precetti, di prescrizioni, di preghiere e chi metteva in pratica tutte queste cose si innalzava verso Dio ma, innalzandosi verso Dio inevitabilmente si separava dagli altri.

Sapete che la parola fariseo è una parola aramaica che significa separato. Da chi sono separati i farisei? Dal resto del popolo, da tutti quelli che non vivono le loro regole, le loro prescrizioni, le loro devozioni. Per cui il santo è una persona che, attraverso l’insieme di pratiche religiose, di devozioni si separa dagli altri, per incontrare Dio. Il guaio è che Dio non lo trova, anzi più cerca di salire nei gradini della santità e più si allontana da Dio, perché il Dio di Gesù non è il Dio che sta nell’alto dei cieli ma un dio che dall’alto è sceso per incontrare gli uomini. Per cui i santi, secondo questa concezione, non quelli che poi saranno chiamati santi nel mondo cristiano, si separano dal resto del popolo, per incontrare Dio e non riusciranno mai a trovare un Dio che invece ha lasciato, se così si può dire, l’alto dei cieli, per incontrarsi con gli uomini.

Allora Gesù dice che l’accoglienza del suo messaggio non separa gli uomini dal resto dell’umanità, non li estranea dai loro bisogni, dalla vita civile. La persona che accoglie Gesù non è un essere spirituale disincarnato, che non si interessa dei mali del mondo ma è una persona talmente impegnata con l’umanità che non tollera situazioni di ingiustizia e sarà il primo a gridare contro ogni ingiustizia. Colui che accoglie il messaggio di Gesù sarà un uomo impegnato per costruire situazioni di pace e non tollererà le situazioni di sofferenza.

Allora tutto questo scatenerà l’avversione da parte della società, da parte della società civile e della parte religiosa, perché l’accoglienza del messaggio di Gesù cambia radicalmente la persona e la porta inevitabilmente a una scelta concreta, radicale nel suo comportamento e la porterà ad abbandonare quei tre verbi maledetti, che sono la causa di ogni ingiustizia nella società, di ogni rivalità e di ogni odio.

Ci sono tre verbi maledetti nei Vangeli, maledetti non perché Dio maledice – Dio non maledice nessuno – ma che le persone si maledicono quando vengono possedute da questi tre verbi, che sono avere, salire e comandare, che sono la causa dell’odio, della rivalità e dell’ingiustizia tra le persone. La brama di avere sempre di più, più degli altri; il desiderio di poter comandare, di salire sopra gli altri; e la smania di dover dominare.

Allora Gesù che è il Dio fatto uomo, ci propone una pienezza di felicità qui, perché queste sono situazioni che causano sofferenza negli altri e, chi è causa di sofferenza negli altri, inevitabilmente uccide se stesso e sono persone che non saranno mai nella pienezza della felicità.

Allora Gesù propone un mondo differente, dove al posto dell’avere ci sia la gioia del condividere, dove al posto del salire sopra gli altri ci sia la gioia e l’allegria dello scendere. Scendere che cosa significa? Avvicinarci a qualunque persona, senza pensare che neanche uno non sia degno del tuo amore.

E anzitutto, anziché la brama del comandare, la smania di comandare gli altri ci sia la gioia del servire. Perché la gioia del servire? Perché il Dio di Gesù non è un Dio che chiede di essere servito dagli uomini ma è il Dio che si mette al servizio degli uomini; questo è il Dio di Gesù. Allora chi liberamente e volontariamente per amore si mette al servizio degli altri è in stretta comunione, in stretta sintonia con un dio che per amore si è fatto servizio.

Allora è comprensibile che chi accoglie questi messaggi si troverà di fronte l’odio da parte della società, che vede nel comportamento di questi credenti una denuncia alla sua brama di possesso, alla sua brama di dominio e quindi li vedrà come nemici mortali. Ma quello che è ancora più grave: Verrà sopra i discepoli di Gesù e sopra i credenti di tutti i tempi la persecuzione, anche da parte dell’istituzione religiosa. Com’è possibile che l’istituzione religiosa arrivi a perseguitare, in nome di dio, le persone? È stato possibile. Perché non conoscono Dio. Gesù lo dirà più volte, e vedremo in questo brano, se fanno così è perché non hanno conosciuto Dio.

La prova noi l’abbiamo in Saulo, quello che poi diverrà San Paolo, che dovrà dire “Chi sei tu Signore?” Lui perseguitava i cristiani, in nome di Dio e non capiva invece che in nome di dio stava perseguitando il Dio che si manifestava. Quindi Gesù mette in conto, nel programma dei credenti, la persecuzione.

E allora, e arriviamo al capitolo 16, Gesù dice “Vi ho detto queste cose, perché non siate scandalizzati.” Qual è lo scandalo? Lo scandalo che il loro Maestro è stato condannato alla morte, riservata ai maledetti da Dio; lo scandalo di vedersi perseguitati dalle massime autorità religiose.

Quando hanno dovuto scegliere la morte di Gesù, i sommi sacerdoti, che sono persone di studio, persone istruite, perché non hanno fatto lapidare Gesù, secondo il codice ebraico o perché non lo hanno fatto decapitare, secondo il codice romano? Perché per Gesù hanno scelto la crocifissione? Perché loro non volevano fare di Gesù un martire. I martiri sono pericolosi, perché li uccidi ma poi dopo la potenza del loro nome esplode ancora di più.

Fare un martire è pericoloso. Loro hanno cercato di diffamare Gesù. C’hanno provato in tutta l’esistenza di Gesù, non ci sono mai riusciti. Perché? Perché Gesù era appoggiato dalle folle che lo seguivano. Più volte nei Vangeli c’è la sottolineatura dell’evangelista che i capi religiosi cercavano di eliminarlo ma non lo facevano per?

Per paura delle genti. E allora contro Gesù a ondate, nella vita, si sono scatenate tutte le reazioni da parte della società religiosa per cercare di? di screditarlo, perché, una volta che Gesù avrà perso la sua reputazione, una volta che Gesù sarà screditato allora una volta che non ha più l’appoggio del popolo finalmente lo potremo catturare. E di continuo, e di continuo Gesù subirà questi attentati, questi attacchi.

Ricordo soltanto uno, tanto per ricordarne uno, pensate che trappola perfetta – perché, visto che Gesù ha respinto, smascherandoli, tutti i loro attacchi – pensate che trappola perfetta hanno organizzato, quando Gesù si trova nel tempio di Gerusalemme. Il tempio è protetto da duecento guardie, in servizio giorno e notte. Ebbene, gli scribi, cioè i teologi e i farisei, gli hanno organizzato una trappola perfetta: gli conducono una donna sorpresa in adulterio e gli dicono “Mosè ci ha comandato di lapidare a queste. Tu che ne dici?” è una trappola perfetta. Come Gesù risponde si danneggia, perché se Gesù dice “e bene, osserviamo la legge divina. Lapidiamola.” Ecco che allora tutta quella massa di gente che lo segue, perché in lui ha sentito una parola nuova, di misericordia, di comprensione anche per i peccatori, anche per i lontani se ne vanno e quindi Gesù non avendo più l’appoggio della gente, finalmente loro possono eliminarlo. Se, al contrario, Gesù si azzarda a dire “E beh, no. Perdonatela.” Bestemmia, perché va contro la Legge di Dio, siamo nel tempio e immediatamente Gesù viene arrestato. Quindi c’è stato un continuo di attacchi contro Gesù per eliminarlo, perché non basta ucciderlo, bisogna non farne un martire.

Allora cosa escogitano i sacerdoti? Per Gesù chiedono una tortura, non era una maniera per eseguire le condanne capitali ma una tortura lenta, raffinata, che attraverso atroci sofferenze – pensate non abbiamo descrizioni della crocifissione, perché, dicevano gli scrittori dell’epoca, è un qualcosa di talmente ripugnante, di talmente rivoltante che non ce la sentiamo di descriverla.

Allora per Gesù scelgono la crocifissione, che era un supplizio, una tortura riservata – e lo dice la parola di dio, nel libro del Deuteronomio – riservata ai maledetti da Dio. Ecco perché hanno scelto per Gesù la crocifissione, perché è la pena riservata ai maledetti da Dio. Come avete potuto pensare di credere che quest’uomo fosse il figlio di Dio? Ma come avete potuto pensare che fosse il Messia? Guardate che fine ha fatto: è appeso alla condanna dei maledetti da Dio. Mica volete dire che la Parola di Dio si sbaglia? Leggi la Parola di Dio, la Bibbia “sia Maledetto chi viene appeso a un legno” e quindi Gesù ha fatto questa morte.

Allora lo scandalo della comunità è che Gesù verrà condannato come un maledetto da Dio ed è in crisi la loro fede. Ma allora è vero quello che dice Gesù e allora maledetto è il sommo sacerdote o c’ha ragione il sommo sacerdote e allora maledetto è Gesù? Noi non sappiamo mica come va a finire ancora la storia, mettiamoci nei panni dei discepoli.

Quindi Gesù avvisa i suoi che rischiano di essere scandalizzati ed ecco le parole più tremende, pronunciate contro un’istituzione religiosa assassina. Dice Gesù: “Vi espelleranno dalle sinagoghe.” Essere espulsi dalla sinagoga non significa essere cacciati da un luogo di culto, che in fin dei conti non sarebbe neanche un gran danno, ma essere cacciati da una sinagoga significava la morte civile, perché con quelli che erano cacciati dalle sinagoghe non si poteva più avere nessun contatto fisico. Era proibito vendere a loro e comprare da loro; bisognava tenere una distanza di due metri, per cui chi viene cacciato dalla sinagoga va incontro alla morte civile.

Ricordate nel capitolo nove di questo Vangelo quando Gesù guarisce il cieco nato? Perché i genitori hanno paura ad ammettere che il loro figlio era cieco e adesso ci vede? Perché, scrive l’evangelista i capi avevano già deciso che chi avesse riconosciuto Gesù come Messia, come Cristo, sarebbe stato espulso dalla sinagoga.

Quindi Gesù dice: sarete espulsi dalle sinagoghe, andrete incontro alla morte civile. È questo quello che scandalizza: vedersi rifiutati, proprio da un’istituzione, che per prima avrebbe dovuto comprendere e accogliere Gesù. Quindi cacciati, disprezzati dall’istituzione ma poi – il peggio deve ancora venire – “Anche verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio.”

Sono parole tremende. Verrà il momento in cui chiunque vi ammazzerà, crederà così di fare una cosa buona. Quindi non si sente in colpa, non si mette in crisi ma addirittura sente di aver fatto una cosa benedetta da Dio, di rendere culto a dio. Come è possibile tutto questo? È possibile.

Vedete, la religione in se, c’ha un seme di violenza, di aggressività, che attende soltanto il momento opportuno per esplodere e per manifestarsi. I testi sacri, bisogna ammetterlo, sono intrisi di una violenza e non ringrazieremo mai abbastanza Gesù di aver preso le distanze da questo mondo tanto pio, quanto aggressivo, tanto devoto quanto violento. Quindi Gesù ci ha liberato da tutto questo, ci ha detto che non è possibile mescolare Dio con l’omicidio.

Eppure se guardiamo le pagine della Bibbia c’è tutta una sequela in cui si ammazza in nome di Dio e sapete che mai si ammazza con tanto gusto, come quando si ammazza in nome di dio, perché si è convinti di fare una cosa giusta. E se sottolineo queste cose non è tanto per andare a un passato ormai abbandonato; è perché ancora la violenza in nome di Dio continua ad essere esercitata e Gesù lo dirà in questo Vangelo: “Chi è violento in nome di Dio significa che non conosce Dio, è un Dio assassino come lui.”

E bene, la violenza nella Bibbia in nome di dio viene dalle prime pagine. Uno dei primi omicidi della Bibbia è quando un nipote di Aronne che si chiamava Fines uccise con una lancia un ebreo, che si era congiunto con una donna non ebrea. Scrive il libro dei Numeri “Li trafisse tutt’e due, l’uomo d’Israele e la donna, nel basso ventre”.

Quindi questo nipote di Aronne ha visto un ebreo che si era congiunto con una donna non ebrea e li ha infilzati tutt’e due con una lancia. Dio l’ha rimproverato? Dio l’ha maledetto? È atroce quello che leggiamo nella Bibbia. “Dice il Signore: stabilisco con lui la mia alleanza di pace.” E da lì inizia il sacerdozio. Il sacerdozio nasce da un omicidio. Dirà il Signore: un’alleanza di un sacerdozio perenne.

Com’è possibile che a un omicida si conferisca addirittura la nascita del sacerdozio? È perché l’onore di Dio, il rispetto della Legge di Dio per la religione, viene prima dell’onore e del rispetto degli uomini. Per cui quando c’è da difendere l’onore di dio, la verità di Dio, la dottrina di dio non si bada a niente. Si ammazzano anche i propri cari.

Una delle pagine più tremende – adesso non sto a fare tutto l’elenco degli ammazzamenti che c’è nella Bibbia ma sarebbe lungo – una delle pagine più tremende alle quali Gesù si riferisce, - sapete Gesù quando dice “A causa del mio nome sarete odiati da tutti. I genitori daranno la morte ai figli - com’è possibile uccidere quelli del proprio sangue – i figli ammazzeranno i genitori; il fratello ammazzerà il fratello.” Com’è possibile arrivare a questo? È possibile. Lo prescrive la Legge di Dio.

Nel libro del Deuteronomio leggiamo: “Qualora il tuo fratello, figlio di tuo padre o figlio di tua madre, o il figlio o la figlia e la moglie che riposa sul tuo petto e amico, che come te stesso, istighi in segreto dicendo: andiamo a servire altri dèi” – quindi se il familiare più intimo ti invita ad andare a conoscere e a servire altri dèi ed ecco le parole tremende – “il tuo occhio non ne abbia compassione. Non risparmiarlo, non coprire la sua colpa. Tu anzi devi ucciderlo – non puoi ucciderlo. Devi ucciderlo”. Uccidere la persona che ti porta ad altre divinità è un dovere divino. “Tu devi ucciderlo, la sua mano sia la prima contro di lui, per metterlo a morte. Poi sarà la mano di tutto il popolo, lapidalo e muoia.”

Da qui non stupisce che anche la preghiera di Israele sia una preghiera intrisa di violenza. Dice un salmo “La lode di Dio sulla mia bocca e la spada a due tagli nella mia mano.” Ci sono dei salmi che fortunatamente la Chiesa, nella riforma liturgica, ha provveduto a togliere dal breviario. Sapete il libro delle preghiere che tutto il Clero, preti e religiosi recitavano. Prima della riforma liturgica si recitava in latino, era tutto un bla bla bla, non è che ci si facesse tanta attenzione.

Quando, con la riforma liturgica sono stati tradotti in italiano, queste povere persone, preti, suore, religiosi, si sono accorti che magari al mattino leggevano “Beato, Babilonia devastatrice, chi prende i tuoi bambini e li sfracella sulla pietra.” Mamma mia, al mattino presto già tutti questi sfracellamenti, tutti questi odi, questi schizzi di sangue. Fortuna che la Chiesa li ha tolti poi dalla recita comune.

E bene, Gesù quindi avvisa i suoi discepoli, Verrà il momento in cui chiunque vi ammazza crederà di rendere culto a Dio. Ed ecco la sentenza che, ripeto, non ci serve per andare a un passato da recriminare ma se l’evangelista lo scrive perché è un monito, che nella comunità che si rifà a Gesù non ci sia nessuna, anche minima forma di violenza, nei confronti di chi non crede come noi, di chi non la pensa come noi e di chi non è come noi.

E infatti dice Gesù che faranno ciò perché? Non hanno mai conosciuto il Padre. Chi perseguita in nome di dio non conosce Dio, perché dio non sta dalla parte di chi perseguita ma sempre dalla parte dei perseguitati. Chi condanna e condanna in nome di Dio non conosce Dio, perché Dio si mette dalla parte dei condannati e mai dalla parte di chi condanna. Quindi Gesù dice faranno questo perché non hanno conosciuto né il Padre né me.

Quindi quanti usano violenza in nome di Dio lo fanno perché non lo hanno mai conosciuto e mai lo conosceranno. Sono difensori di un Dio che è il frutto delle loro ambizioni, delle loro paure, delle loro frustrazioni, del desiderio di potere ma in nessun modo assomiglia al Padre di Gesù. E quello che è più grave è che quanti obbediscono alle direttive delle autorità religiose diventano assassini, come questi e complici di queste.

Una delle pagine più violente che abbiamo nel Vangelo di Giovanni è proprio contro le autorità religiose, quando Gesù dice che “Sono i figli del diavolo e come lui sono menzonieri e assassini.” Quindi quelli che adoperano qualunque forma di violenza, anche se lo fanno per difendere Dio, in nome di dio, per la dottrina di Dio non conoscono Dio. Non è il Padre di Gesù, perché il Padre di Gesù è amore e l’amore non può mescolarsi con la violenza.

Allora adesso, prima di fare l’intervallo, ci lasciamo con questa importante immagine che c’è nei Vangeli e che ci deve aiutare nel comportamento. In nome della dottrina si uccidono le persone, in nome di dio si sono uccise le persone. Allora qual è l’alternativa che Gesù ci ha proposto? Gesù ha messo come il bene assoluto, come il valore assoluto non la dottrina ma l’uomo, non una verità ma la vita. Pertanto tutte le volte che Gesù si è trovato in conflitto tra il rispetto della dottrina e il bene dell’uomo non ha avuto esitazione: ha scelto sempre il bene dell’uomo.

Tutte le volte che Gesù si è trovato in conflitto tra il rispetto della Legge divina e il rispetto dell’uomo lui non ha avuto esitazione. Non è l’uomo che deve rispettare la Legge ma è la Legge che deve avere il rispetto dell’uomo. Per questo Gesù in questo Vangelo c’ha un’affermazione importante e dice: “Io sono la via, io sono la verità, io sono la vita.” È importante questa affermazione. Gesù – io sono è il nome di dio, quindi Gesù rivendica la condizione divina – dice io sono la via, cioè colui con il quale camminare e non dice, stranamente, io ho la verità. Ci si sarebbe aspettati, perché i fondatori di ogni religione pretendono di avere la verità, che la loro sia la verità assoluta.

Perché Gesù mai nel Vangelo dice io ho la verità? Perché chi ha la verità, in nome della verità che ha si sente in grado di giudicare e di condannare chi non condivide questa verità, questa dottrina, chi non la pensa come lui. Allora Gesù non dice “io ho la verità” ma “io sono la Verità” e nel Vangelo continuamente ai discepoli non chiederà di avere la verità. Gesù non ci invita ad avere una verità da annunciare ma di essere la verità, di camminare nella verità, di fare la verità.

Essere nella verità e camminare nella verità e fare la verità significa mettersi in sintonia con il dinamismo d’amore di dio che ci conduce ad operare concretamente per il bene dell’uomo. Mentre chi ha la verità, in nome della propria verità si divide e si separa dagli altri, chi è nella verità, proprio portato da questo dinamismo, da questa energia d’amore, si avvicina a tutti quanti e a tutti comunica vita.

Allora adesso facciamoci l’intervallo. Tra un quarto d’ora ci ritroviamo.





Le parole che Gesù ha pronunziato vogliono incoraggiare i discepoli in questo: non vengono rifiutati da Dio ma dai rappresentanti di Dio, che Dio non lo conoscono. Quindi di stare tranquilli. Anche se si vedono perseguitati dalle autorità religiose, queste autorità religiose non conoscono Dio, perché, come avevamo letto in quel versetto “Se faranno così è perché Dio non l’hanno mai conosciuto.” Per conoscere Dio, e questa è una regola sempre valida che ci da il Vangelo, bisogna mettere al primo posto nella propria esistenza, come valore, questo sì veramente assoluto, il bene dell’uomo.

Se non si mette come valore il bene dell’uomo non si può arrivare a conoscere Dio, perché Dio è colui che, per amore, ha dato vita all’uomo. Quindi tutto quello che produce vita, tutto quello che arricchisce la vita dell’uomo, tutto questo viene da Dio. Pertanto chi non accoglie questo Dio, che non mette il bene dell’uomo come unico valore, più importante della propria vita, non può percepire chi è Dio.

Quindi Gesù incoraggia i suoi discepoli e quindi dice, se vi perseguitano non vi preoccupate, non vi spaventate, anche se hanno questi nomi altisonanti (sacerdoti, scribi, sommi sacerdoti). Se fanno così è perché non conoscono Dio. Ma abbiamo detto che la parte finale di questo capitolo si conclude con le parole di grande incoraggiamento: si scatena una persecuzione incredibile nei confronti della comunità, la comunità si sente una poca cosa di fronte ai mali della società e di fronte alle sfide. Da che cosa viene questa serenità che Gesù infonde alla comunità? Gesù lo dice. Dice Gesù: “Eppure io vi dico, in verità, conviene a voi che io me ne vada, perché se non me ne vado non verrà a voi il Soccorritore ma quando me ne sarò andato ve lo manderò.”

L’evangelista gioca con i verbi. È la terza volta che compare il verbo “convenire” e per due volte ha indicato la convenienza della casta sacerdotale al potere. Quando Caifa raduna il Sinedrio e dice “non capite che per noi conviene che questo uomo muoia” l’evangelista denuncia che quello che motiva l’azione delle autorità religiose, tutto quello che spinge ad agire i capi religiosi è la convenienza. Il loro Dio – perché Gesù ha detto “Non conoscono Dio” – non è il Dio di Gesù, amore che si fa dono.

Il loro Dio è l’interesse e la convenienza. Le autorità religiose quando agiscono non agiscono per il bene degli uomini ma per il loro bene. Il loro criterio di bene o di male è in base alla loro convenienza. Questo ci conviene? Se ci conviene è buono. Ma fa soffrire la gente! Non importa. Se qualcosa le autorità religiose conviene sono disposte a tutto, pur di perpetuarlo. Se qualcosa non conviene state tranquilli, dice Gesù, che non lo faranno.

Quindi Gesù sta parlando della sua convenienza. Mentre la convenienza del potere è togliere la vita, la convenienza di Gesù è quella di donare la sua. Dice Gesù “Eppure vi dico: conviene a voi che io me ne vada, perché se non me ne vado non verrà a voi il Soccorritore.” Le indicazioni che sta dando Gesù sono importanti, sia per la sicurezza della comunità ma anche, ed è importante, ci fanno comprendere qual è la realtà delle persone care, che lasciano questa esistenza terrena. È la stessa di Gesù. Gesù dice “conviene per voi che io me ne vada.”

Perché Gesù dice Conviene per voi che io me ne vada? Non era meglio che Gesù rimanesse? No, perché fintanto che Gesù era fisicamente presente la sua azione era limitata alle poche persone, che poteva avvicinarsi. Una volta che Gesù, attraverso la morte, è entrato nella pienezza della dimensione definitiva, lui può essere ovunque. Quindi la morte di Gesù non allontana ma avvicina. La morte di Gesù non separa ma avvicinerà ancora di più. Dico di più: la morte di Gesù non sarà una perdita ma una presenza ancora più intensa dell’attività di Dio, quell’attività che l’evangelista presenta con la parola del “soccorritore”.

C’è un termine greco, che è pressoché intraducibile nella lingua nostra italiana, tant’è vero che nella nuova edizione della CEI, mentre nella vecchia avevano tradotto con Consolatore, la CEI è ritornata alla litterazione del termine greco, del Paraclito, che non si capisce cosa significa. È l’attività dello Spirito Santo. L’attività dello Spirito Santo è quella di essere il difensore, il soccorritore, uno che aiuta. E Gesù ha dato una sicurezza alla sua comunità: “Vi lascio il mio Spirito, che rimanga per voi, per sempre.”

Cosa significa? Siccome l’attività dello Spirito Santo è quella di essere colui che aiuta, colui che incoraggia, colui che protegge lo Spirito non entra in azione nei momenti di bisogno; lo Spirito non interviene nei momenti della necessità ma li precede. Ecco la serenità del credente. La serenità del credente è che il Dio che Gesù ci ha presentato come un padre non risponde ai nostri bisogni ma li precede. Non è un Dio che bisogna invocare, un Dio a cui chiedere ma un Dio che già agisce. Prima ancora che noi, non solo gli chiediamo, prima che noi ci accorgiamo di un bisogno già dio è intervenuto.

Voi capite che questo da la piena serenità. Quando si arriva a sperimentare questo, che il Dio di Gesù, appunto come dicevamo prima, non è un Dio lontano, da invocare ma un Dio talmente vicino, talmente intimo a noi che attende di manifestarsi in noi e attraverso di noi, tutte le volte che noi diventiamo più umani, ogni volta che noi siamo pienamente e profondamente umani, si manifesta il Dio con noi.

Ebbene questo Dio è un padre che si prende cura dei suoi figli e un padre non attende che i figli siano nel bisogno ma il padre precede il loro bisogno. Allora la garanzia che da la serenità alla comunità, nonostante la persecuzione o a causa della persecuzione è la presenza continua all’interno della comunità del suo Spirito, lo Spirito soccorritore.

Dice che “quando io me ne sono andato ve lo manderò”, perché questo Spirito verrà al momento della morte di Gesù, quando Gesù, morendo, consegna il suo Spirito, cioè quello Spirito santo che era disceso su Gesù, la potenza stessa dell’amore di Dio viene effuso su quanti lo accolgono. Ricordate, prima parlavamo della nuova alleanza: mentre nell’antica alleanza Dio governava gli uomini, emanando delle leggi che gli uomini dovevano osservare con le loro forze, nella nuova alleanza Dio non governa più gli uomini attraverso delle leggi, cioè un codice esterno all’uomo, ma infondendo nell’intimo degli uomini il suo Spirito, cioè la sua stessa capacità d’amore. Non c’è da osservare un codice esterno all’uomo ma c’è da dilatare una potenza, una pienezza d’amore che è già dentro il cuore dei credenti.

E Gesù assicura che quando lo Spirito sarà venuto smaschererà il mondo in quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio; questo Spirito svolge un ruolo di pubblico ministero di avvocato difensore e smaschererà che quelli che adesso condannano in realtà sono loro i condannati, quelli che adesso denunciano i discepoli di avere abbandonato Dio sono in realtà loro che hanno abbandonato Dio. Quindi Gesù ci da questa sicurezza.

E poi, ecco al versetto 12, questo è molto importante “molto ho ancora da dirvi ma per il momento non sono alla vostra portata.” La realtà di Gesù, la pienezza del suo messaggio, essendo una realtà d’amore, di pienezza d’amore di Dio, sono talmente grandi, che noi per i limiti che abbiamo non riusciamo a coglierlo, se non attraverso dei piccoli frammenti. Quindi la pienezza che è Dio, la pienezza del suo amore, noi, dice Gesù, non siete ancora alla vostra portata.

Man mano che noi cresciamo nell’amore comprendiamo sempre di più chi è Dio, chi è Gesù e comprendiamo la sua Parola; man mano che noi dilatiamo la nostra capacità d’amore, permettiamo a Dio di far posto nella nostra esistenza e, se permettiamo a Dio di far posto alla nostra esistenza ecco che la sua azione sarà infinitamente più forte, incisiva e potente, di quella che attualmente noi vediamo realizzare.

L’azione di Dio nella nostra vita non dipende da lui, dipende da noi, da noi dipende l’azione nella nostra vita. Se noi gli lasciamo posto nella nostra esistenza e si può lasciargli posto nella nostra esistenza soltanto allargando o aumentando la nostra capacità d’amore. Dirà Gesù in questo Vangelo che il Signore da lo Spirito senza misura.

La misura la mettiamo noi. Quegli aspetti della nostra vita che sono ancora occupati da rancori e da risentimenti, da avarizie e da egoismi, da chiusure mentali sono tutti aspetti che lo Spirito non può raggiungere e dove lo Spirito non raggiunge, siccome lo Spirito è vita, dove non c’è la vita c’è la morte. Siccome lo Spirito è la luce divina, dove non c’è la luce ci sono soltanto le tenebre.

Allora sta a noi. Quindi queste parole di Gesù sono molto importanti. “molto ho ancora da dirvi ma per il momento non sono ancora alla vostra portata.”

Chissà quante cose il Signore c’ha ancora da dirci, chissà quante cose ancora ci farà capire ma questo dipende soltanto dalla grandezza del nostro cuore. Più noi allargheremo il nostro cuore, più noi saremo profondamente umani e più capiremo e comprenderemo Gesù e il suo messaggio.

Ma questo anche c’ha il rovescio della medaglia, perché le persone che dilatano la propria capacità d’amore e quindi percepiscono la presenza del Signore nella loro vita trovano insufficienti i modi, le forme, le formule dei loro contemporanei per rapportarsi con il Signore, perché il signore c’ha molte cose da dire.

Quando uno entra in sintonia con queste cose sa delle novità di Dio e ha bisogno di manifestarlo e allora ecco che di nuovo si scatena la persecuzione religiosa, perché purtroppo l’istituzione religiosa è quella istituzione dove vige l’imperativo “perché cambiare? Si è sempre fatto così.” Le novità vengono viste con sospetto, perché nell’istituzione religiosa si adora un dio del passato e non si riesce a percepire e a scoprire un dio che si manifesta nel presente.

E bene, dice Gesù, “quando verrà lo Spirito di verità vi instraderà nella verità tutta.” Insiste di nuovo, l’ho accennato prima, spero di essere stato molto chiaro, Gesù non ci chiede di avere la verità ma di essere nella verità, di fare la verità e di camminare nella verità. Essere nella verità significa essere inseriti nel dinamismo, cioè nella meccanica d’amore, che spinge Dio a comunicare vita all’uomo.

Quindi quanti di noi scelgono, come orientamento della propria esistenza, il bene dell’uomo sono nella verità, mentre dicevo, sottolineavo la differenza, chi ha la verità ha una dottrina e in base a questa dottrina si sente di giudicare e di condannare chi non la pensa come lui. Gesù non ci chiede di avere la verità ma di essere, come lui, nella verità.

Quindi quello che è Dio e quello che è l’uomo non può essere pienamente conosciuto, se non attraverso dei gradini, dei gradi di conoscenza, di esperienze sempre più profonde. Man mano che l’amore ricevuto dal Padre trova in noi dei canali che trasformano questo amore ricevuto in amore comunicato agli altri, ecco che l’individuo cresce nell’amore, la comunità cresce nell’amore e diventa l’unico vero santuario, dal quale si irradia l’amore di dio.

E continua Gesù “egli – l’azione di questo Spirito – mi glorificherà, prenderà del mio e ve lo annunzierà, tutto quello che è il Padre mio. Per questo ho detto che prenderà del mio e ve lo annunzierà. La garanzia che da Gesù alla sua comunità, ed è il fattore di vita della comunità, è che l’azione dello Spirito annunzia le cose future. Cosa significa questo annunziare le cose future? La società è in crescita, la società è in profondi cambiamenti, la vita muta, la nostra vita non è la stessa di secoli fa, ci sono dei cambiamenti. allora Gesù da la garanzia che, a una comunità che ha orientato la propria esistenza per il bene degli uomini, una comunità del genere avrà sempre la capacità di?

Offrire nuove risposte ai nuovi bisogni, che sorgeranno. Purtroppo il rischio è che di fronte ai nuovi bisogni si danno vecchie risposte, perché si usa la dottrina e non essere nella verità. Allora Gesù ci da questa caratteristica che è importante. La società muta, noi vediamo che la vita cambia e tutto sta cambiando. Allora emergono nuovi bisogni, ci sono nuove problematiche, nuove situazioni che prima non c’erano, perché il modo di vivere era diverso, il modo di pensare era diverso.

La tentazione nefasta è che, di fronte a questi bisogni, si trovino delle risposte nel passato ma allora quando ai nuovi bisogni della gente si danno le risposte del passato la gente semplicemente non ascolta. E bene, la garanzia che la vitalità stessa della comunità cristiana è che una comunità che ha orientato se stessa per il bene degli altri, sarà sempre capace, di fronte alle nuove situazioni, di offrire nuove risposte.

Bene, vedo che il tempo sta passando rapidamente e arriviamo alla conclusione. Gesù continua ancora, il capitolo 16 è molto lungo. Terminiamo, prima dell’ultimo versetto: affinché la felicità sia piena,la felicità sia traboccante, Gesù dice “Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia colma e traboccante.” Notiamo l’insistenza di Gesù sull’accoglienza della sua gioia, perché sia colma e sia traboccante. Gesù, affinché la nostra gioia sia colma e traboccante dice “finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete.”

Attenzione alla condizione di chiedere nel nome di Gesù, che non è, come noi furbi abbiamo trovato la scorciatoia “te lo chiediamo per Cristo nostro Signore” e poi non otteniamo niente. Chiedere nel nome significava rappresentando qualcuno. Quando l’ambasciatore andava nel nome del Re in quel momento era lui il Re, rappresentava il Re. Allora Gesù dice l’accoglienza del mio Spirito, cioè la mia stessa capacità d’amore vi trasformerà e vi renderà sempre più assomiglianti a me.

Allora, nella misura che sarete a me somiglianti, chiedete quel che volete e questo vi sarà dato, perché la vostra gioia sia piena. Quindi vedete non è un Dio che chiede l’infelicità, un Dio che beatifica la sofferenza ma un Dio che assicura che l’accoglienza della sua Parola, una volta accolta, germoglia, libera, cresce e fa sì che è interesse del Padre favorire la crescita di queste persone, per cui tutto ciò di cui c’hanno bisogno sarà dato in abbondanza.

E poi terminiamo qui, con quel versetto con il quale abbiamo cominciato “vi ho detto queste cose, perché ne abbiate pace.” Il termine pace non ha il nostro significato italiano di assenza di guerra. La pace è la felicità. Gesù, di nuovo conclude le sue parole: vi ho detto queste cose perché in me voi abbiate una pienezza di felicità. Nel mondo avrete tribolazioni, quindi, come dicevo prima, la comunità si sente incapace di affrontare le sfide, i mali, allora c’è il tentativo di scoraggiarsi.

Allora ecco le parole di Gesù “coraggio. Io ho vinto il mondo.” Non dice vincerò, non è una promessa per il futuro ma lui dice “io ho vinto il mondo”, perché la vita è sempre più forte della morte, la luce sarà sempre capace di sconfiggere le tenebre. Ecco perché Gesù ci chiede di metterci in sintonia con la vita, la vita significa orientarsi, come abbiamo detto, per il bene dell’uomo, e mettersi nella luce.

La luce non combatte le tenebre. Gesù non ci chiede di sprecare energie per combattere qualcuno, per affrontare qualcuno. La luce brilla nelle tenebre. Allora l’unica cosa che Gesù ci chiede è accogliere questa capacità d’amore, dilatarla, comunicarla agli altri e chi fa questo è già vincitore.

Certo Gesù dice queste parole e dopo qualche ora sarà arrestato, condannato e ammazzato ma non sarà lui ad essere sconfitto. Sarà sconfitto il potere, saranno sconfitte le tenebre, sarà sconfitto il male. Allora quello che Gesù ci assicura e che ci da il coraggio: siamo già vincitori. Se abbiamo orientato la nostra vita per il bene degli altri, se abbiamo messo il bene degli altri come il valore principale della nostra esistenza noi siamo già vincitori ed è il mondo, il potere, le istituzioni contrarie al signore che sono le sconfitte.

Ecco, abbiamo tempo per qualche domanda? Allora benissimo. Grazie.



Domanda: chiedevo, rispetto alla preghiera, Cristo che posizione c’ha? Dopo il suo discorso, cioè il pregare che è scritto come ci incita, oppure ci ha dato una preghiera da fare al Padre ma poi …

Risposta: Allora, è importante questa domanda. La preghiera? Attenzione. La preghiera è espressione del nostro rapporto con il Signore e questo rapporto con il Signore inevitabilmente deve cambiare, deve modificarsi, perché noi cambiamo, cresciamo e il nostro rapporto non può essere più quello infantile, come quando magari ci è stato insegnato, durante gli anni del catechismo.

Quindi la preghiera deve essere la manifestazione della nostra relazione con il Signore. Allora è una preghiera che inizialmente, quando ancora l’esperienza di dio non si è fatta, è una preghiera che chiede, che ha bisogno ecc ma quando si arriva, e io ripeto spesso questo, perché è importante ed è purtroppo la grande assenza nella nostra vita cristiana, quando si passa a credere che dio è Padre, a sperimentarlo come tale, cambia anche la preghiera.

Cosa significa passare dal credere che dio è Padre, a sperimentarlo come tale? Noi, per il catechismo, per l’insegnamento, crediamo tutti quanti che Dio è Padre. Voi provate a chiederlo a qualunque cristiano, chiedetegli: credi che Dio è Padre? Sì. Tutti quanti dicono di sì. Provate a chiedergli: raccontami l’ultima volta, che lo hai sperimentato come tale. Eh? Se credi che Dio è Padre, raccontami quand’è che lo hai sperimentato come tale! Noi purtroppo rimaniamo nel campo della dottrina, crediamo che dio è Padre ma non c’hanno indicato, aiutato ad avere gli strumenti per sperimentarlo come tale. Per sperimentare Dio come Padre bisogna assomigliargli nell’amore.

Vedete, noi siamo figli di dio ma, attenzione, figli non si nasce ma si diventa. Lo dice Giovanni nel suo Vangelo: a quanti hanno accolto Gesù, ha dato la capacità di diventare figli di Dio. Nel mondo ebraico figlio non è tanto colui che nasce dal padre ma colui che gli assomiglia nel comportamento. Allora, sintetizzandolo e riassumendolo, nei Vangeli ci sono tre elementi, che fanno scaturire la figliolanza divina nell’uomo.

Se, come lui, siamo capaci di voler bene a chi non lo merita, perché è così che il Padre fa con noi; se, come lui, siamo capaci di fare del bene, senza pretendere nulla in cambio ma per la gioia di fare del bene; e, soprattutto, se, come lui, forse è l’aspetto più difficile per molti, siamo capaci di concedere il perdono, prima che il perdono venga richiesto; ecco, se ci sono questi tre elementi, che sono alla nostra portata, è possibile a tutti quanti, scatta in noi un meccanismo, che qual è? Innalza la soglia del nostro amore, lo rende simile a quello di dio e da quel momento la nostra vita e quella del Padre sono intrecciate.

Allora si capiscono le parole di Gesù come vere, veritiere e quando si sperimenta quel Padre, che come dicevo prima non ascolta i nostri bisogni ma li precede, un padre che non interviene quando noi lo invochiamo ma ha già provveduto, allora la preghiera cambia: non sarà più una preghiera di richiesta ma una preghiera di ringraziamento. Non chiederò più al Signore cosa deve fare e tanto meno gli darò i consigli ma gli dirò, e questo è importante perché da serenità, perché quando si chiede non abbiamo mai la certezza se chiediamo bene, se abbiamo chiesto nel modo giusto, invece quando si ringrazia questo da serenità. Quindi la preghiera deve cambiare, modificarsi e crescere, nella misura in cui modifica, cresce e cambia il nostro rapporto con Dio.

Domanda: Mi chiamo Renato. Volevo chiedere una cosa sulle tenebre e la luce. Bene, la luce, in un certo qual modo emarginano le tenebre. Le tenebre assorbono la luce. È vero che sono due movimenti creativi e tutti e due sono all’interno di quello che è il ciclo. Se potesse meglio spiegare il fatto che la luce non combatte, non lo dico in termini di violenza o di aggressione ma in termini di dilatazione, in termini di chiarezza. È vero che la luce viene posta sul moggio, per dare splendore, senso, strada, però in un certo qual modo non ho capito il nesso delle due, non dico posizioni, diciamo parzialmente autenticità.

Risposta: Dunque nel prologo, l’evangelista dice che la vita era la luce degli uomini e ribalta una categoria classica della tradizione religiosa, che diceva che la luce era la vita degli uomini e per luce si intendeva la parola di dio. Non c’è qualcosa di esterno all’uomo che lo illumina ma è la propria vitalità, quella che illumina la propria esistenza. La risposta al desiderio di pienezza di vita che ogni persona si porta dentro, è questo che orienta il suo cammino. Quindi non la luce è la vita degli uomini ma la vita è la luce degli uomini.

Allora, sempre nel prologo si legge: e la luce brilla tra le tenebre. È importante questo. Noi non dobbiamo lottare contro le tenebre, non dobbiamo sprecare energie inutili, lottando. La luce nelle tenebre basta che brilla, che le tenebre svaniscono. Quindi più la comunità cristiana saprà espandere, effondere il suo amore e più l’azione maligna, negativa delle tenebre andrà sempre indietro, perché, come dice Gesù, chi fa il male odia la luce e si rintana ancora di più nelle tenebre.

Domanda: Mi chiamo Giacomo. Vorrei chiedere: abbiamo sentito che Gesù è la vite e noi siamo i tralci e tanto più i tralci danno frutto, se accolgono questo amore infinito di Gesù e lo comunicano agli altri. Ma non sempre questo è possibile e ci sono dei momenti di imperfezione, di sofferenza. Abbiamo sentito che non siamo noi a dover eliminare queste imperfezioni e queste sofferenze; è il Padre che le elimina. E allora vorrei chiedere che necessità, o meglio, che rapporto abbiamo con il sacramento della conciliazione.

Risposta: Questa è la domanda classica, che viene ad ogni incontro. Io con questa attività da Merano, a Cefalù giro tutta l’Italia, non c’è incontro dove non venga fuori questa domanda e, non per non rispondere, perché la domanda è complessa, dunque abbiamo un sito internet, il sito è www. studibiblici.it, e c’è una sezione che si chiama “Domande frequenti” e tra queste trovate tutto su questo della confessione. Ripeto, non è per non voler rispondere ma è già tardi, la domanda è complessa, non vorrei lasciare delle ombre e delle zone di dubbio. Quindi andate lì, trovate tutta la risposta.

Domanda: Roberto. Volevo chiederti ma come è possibile conciliare, questo amore di dio per l’uomo e praticamente la presenza del male nel mondo, cioè non il male che gli uomini si fanno tra di loro ma quel male indiretto, che può capitare: alluvioni, crollo di solai sui bambini che non hanno fatto niente. Questa è la mia domanda.

Risposta: l’azione di Dio conosciuta nella Bibbia è quella di creatore e Gesù ci da l’esatta interpretazione dei primi capitoli della Bibbia, della Genesi, sull’azione creatrice. Se noi leggiamo il libro della Genesi vediamo che dio ha creato il mondo perfetto: piena armonia fra l’uomo e la donna, piena armonia tra gli uomini e il creato e dopo c’è stato un incidente del primo uomo e della donna, che ha rovinato tutto. Allora si andava con nostalgia e con rimpianto a un paradiso irrimediabilmente perduto.

Ebbene, Gesù ne dà la giusta interpretazione e dice che non c’è da rimpiangere un paradiso perduto ma c’è da rimboccarci le maniche, per costruire questo paradiso. L’azione creatrice di dio è mirata a questa piena armonia tra gli uomini e questa piena armonia e sintonia tra gli uomini e il creato. Ma questa è la meta futura e ha bisogno della nostra collaborazione, perché questo si realizzi. Quindi dio non ha creato; Dio crea e ha bisogno della nostra collaborazione, perché la sua azione creatrice arrivi a tutti quanti. Allora ecco che la sua azione creatrice se è presa in seria, mano a mano ristringerà gli ambiti del male e della sofferenza.

È un discorso che può sembrare banale ma lo sappiamo, se quello che si spende per distruggere la vita fosse impiegato per aiutare la vita ma quante sofferenze di meno ci sarebbero! Se quello che si investe per avvelenare l’esistenza delle persone fosse fatta per vivificarla – voi sapete che le case farmaceutiche sono in combutta con le associazioni di assicurazioni, perché le associazioni importanti di assicurazioni hanno il terrore che venga inventato il farmaco o un vaccino, che metta fine al tumore, al cancro. Perché? Sennò la gente non gli muore più e devono pagare le pensioni. Quindi se c’è una casa farmaceutica che inventa, mettiamo, un farmaco, che elimina il cancro questo è un danno economico, perché tocca pagare le pensioni, tocca pagare le assicurazioni.

Voi capite che quello che abbiamo detto prima della istituzione religiosa è il motore malefico dell’umanità. La convenienza. Tutto quello che si fa è per la convenienza. Se noi andiamo a vedere, alla base di ogni tragedia, di ogni disgrazia, di ogni situazione negativa andiamo a grattare, c’è sempre alla base la convenienza, c’è sempre alla base l’interesse. Vedete, adesso credo che siamo tutti commossi ed è stato giusto, aver partecipato alla salvezza di quei 33 minatori. Cosa non si è speso per quella operazione! Se si spendesse per la sicurezza sul lavoro non ci sarebbero bisogno di casi del genere.

Quindi sta a noi fare delle scelte civili, delle scelte sociali, delle scelte politiche - sia chiaro, il cristiano interviene anche nella politica - in modo da ristringere gli aspetti del male, perché se noi, invece aiutiamo chi compie il male dopo non ce ne possiamo lamentare. Allora noi siamo corresponsabili del male dell’umanità e, attraverso le scelte che facciamo, dobbiamo restringerne gli ambiti.

Domanda: Sono Carlo. La luce non combatte le tenebre ma bisogna essere luce. Ma spesso nel Vangelo si andava a Gerusalemme a scontrarsi con l’autorità, con l’istituzione religiosa. “E vide i discepoli uscire dal villaggio – il villaggio sinonimo della tradizione ecc. “ un cristiano attualmente come può porsi, davanti all’istituzione che spesso e volentieri appunto non ascolta ma diventa mondo? Lui ha vinto il mondo allora anche la Chiesa, in questo caso diventa mondo?

Risposta: allora penso che avete compreso l’attuazione di questo messaggio. Anche oggi può darsi che ci sia un’istituzione religiosa, che non corrisponda al messaggio di Gesù, allora il credente come deve porsi? Deve porsi come avevamo detto prima: facendo brillare la luce, non contestando. La contestazione è la cosa più inutile che si possa fare, perché il potere ama essere contestato, perché se lo contestate significa che in qualche maniera lo riconoscete.

Quello che temono le autorità e che è alla base dell’insegnamento di Gesù è che il suo Spirito rende le persone libere e di questo il potere ha paura. Una persona libera è ingovernabile e l’azione dello Spirito del Signore rende le persone libere ma per essere libere bisogna aver accettato la sua croce. Quando Gesù invita a prendere la croce non significa, in maniera assoluta, l’accettazione dei dolori e delle sofferenze che la vita ci fa incontrare.

Ma significa accettare il disprezzo e la solitudine, da parte della società. Prendere la croce, oggi lo potremo tradurre con perdere la propria reputazione, perché la propria reputazione è lo scoglio che ci impedisce di vivere a pieno il messaggio di Gesù. Noi ci teniamo ed è bello, al nostro buon nome, a quello che pensano gli altri, per cui non siamo mai noi stessi, non siamo mai persone libere, perché chissà cosa pensa, chissà cosa dirà. È doloroso.

Il momento in cui si perde pienamente la reputazione inizia l’ebbrezza della libertà e e non si torna più in dietro. Allora si è pienamente liberi, dove c’è la libertà c’è lo Spirito e l’una alimenta l’altro. Come l’amore alimenta l’amore la libertà alimenta lo Spirito e lo Spirito alimenta la libertà. Pensate ad essere pienamente liberi. Cosa vi possono fare? Niente. Con cosa vi possono mettere paura? Con niente, neanche con la morte fisica, dice Gesù, perché la morte fisica ucciderà la parte biologica, la ciccia ma non farà niente a noi.

Allora ecco che l’istituzione religiosa ha il terrore di persone libere, per cui cerca di mantenere le persone in una condizione infantile. Mentre l’accoglienza del messaggio di Gesù rende la persona adulta – adulta significa che ragiona con la propria testa e cammina con le proprie gambe – l’istituzione religiosa non tollera questo. L’istituzione religiosa ha bisogno di persone infantili, che abbiano sempre bisogno di un’autorità che gli dica cosa fare, come fare e quando fare, mantenerli in una situazione di inferiorità.

Allora l’accoglienza del messaggio di Gesù, invece, è questo Spirito che ci rende persone libere e le persone libere sono ingovernabili ma soltanto chi è ingovernabile può essere in sintonia con quello Spirito che, come dice Gesù, soffia dove vuole, non sai né da dove viene, né dove và.

Domanda: volevo chiedere un suggerimento pratico per la mia quotidianità. Lei ha detto che nel cammino, insomma, nasciamo come creature di Dio e ci dovremmo muovere per divenire figli di Dio. Ma sovente io trovo la difficoltà di non fare il bene che ho intenzione di fare ma bensì realizzo il male che fondamentalmente non vorrei mai fare. Quindi come prendevo lo spunto anche da quello che diceva lei sulla preghiera, se poteva dare qualche indicazione proprio pratica su come muoversi nell’ambito quotidiano, anche nell'ambito parrocchiale. Grazie.

Risposta: C’è San Paolo che c’ha delle espressioni meravigliose ed è importante questo. Dice Abbiamo questo tesoro in vasi di creta, che erano quelli più ordinari. E questo è importante, sapete! Il Signore ha bisogno di noi, noi siamo dei canali del suo amore, siamo figli suoi, fratelli di Gesù, suoi collaboratori ma … dobbiamo avere molto chiara una cosa che nei Vangeli appare e nelle lettere di San Paolo appare ed è questa: san Paolo dice che “il Signore mi ha scelto, perché peggio non ha saputo trovare.” Lo dice San Paolo: il Signore ha scelto quello che è nulla nel mondo.

Quando c’è questa certezza ecco la serenità, per cui il Signore a me non mi ha scelto per la mia intelligenza, per le mie virtù; è perché ha guardato e ha detto: peggio di te non sapevo trovare. Allora questo dà garanzia, per cui quando ci sono i miei limiti, quando ci sono i difetti: eh Signore, tu mi hai scelto! Potevi scegliere un altro che è meglio.

Guardate che uno dei più grandi personaggi che chiamano il secondo Cristo, che più di tutti, forse nella storia, ha vissuto questo Vangelo, Francesco d’Assisi, è lui che lo dice. Quando Fra Masseo gli dice “Francesco ma mi sai dire perché vengono tutti da te? Non sei bello, non sei colto, non sai parlare ma mi dici perché tutti da te?” c’è scritto nei fioretti che Francesco stette pensoso, poi alzò le mani al cielo e disse “Perché il Signore guardando sulla Terra non ha trovato uno più disgraziato di me.”

Allora quando si ha questa profonda convinzione, che abbiamo questo tesoro in vasi di creta, anche, vedete, i nostri limiti, i nostri errori non ci fanno venire la rabbia, il senso di colpa che sono sempre negativi ma ci fanno venire un sorriso. Eh, Signore, vabbè, pazienza: ricominciamo. Andiamo da capo. Ed è importante, perché quando si cade se uno c’ha un alto senso di se gli viene un senso di rabbia nei propri confronti. Ma come è stato possibile! Ma non volevo. E la rabbia è sempre omicida, perché poi si indirizza verso gli altri. E invece quando si fa l’esperienza che siamo quello che siamo, con tutti i limiti, con tutti i difetti quando si sbaglia e vabbè, si ricomincia da capo.

È un atteggiamento che da serenità, perché non è il peccato quello che ci allontana dal Signore ma il peccato, per dirlo come una delle più sante della Chiesa, Teresa d’Avila chiamata dottore della chiesa, è come un trampolino che ci fa scendere in basso, per poi innalzarci ancora più alto nell’amore del Signore. Non ci può nulla, nella nostra esistenza, togliere dall’amore di Dio e i nostri limiti, le nostre deficienze, ci conviviamo e se è possibile ci sorridiamo un po’.

Intanto, prima di terminare, grazie a tutti. Veramente è stata un’accoglienza molto cara. Mi dispiace, siamo andati un po’ tardi. Forse un altro anno si potrà fare un orario da anticipare, vediamo un po’. E come molti mi hanno detto, quello che ci manca questa volta è l’eucaristia. La prossima volta concluderemo con la celebrazione eucaristica. Quest’anno non è stato possibile.

Domanda: Lei ha parlato di prenderci cura degli altri, Dio si prenderà cura di noi stessi, cioè è inutile prenderci cura di noi, perché è Dio che si prende cura di noi ma a volte un po’ di sano egoismo non ci farebbe bene?

Risposta: allora prendersi cura degli altri non significa non prendersi cura di noi indubbiamente, perché, per prendersi cura degli altri, noi dobbiamo star bene. Se noi stiamo male non solo non ci prendiamo cura degli altri ma sono gli altri che si devono prendere cura di noi e quindi è chiaro che ognuno di noi deve dosare le proprie forze, deve dosare le proprie energie. Uno dei rischi che si può compiere, in questo, è di donarsi senza criterio, di bruciarsi e dopo un po’? E dopo un po’ dobbiamo noi a dover essere aiutati. Allora nella vita del credente ci vuole un equilibrio, che consiste nello stare bene, per poi stare bene per gli altri.

Faccio un esempio personale: io per questa attività c’ho una richiesta incredibile di incontri e purtroppo dico di no a molti, perché? Per fare un incontro bisogna che io stia bene fisicamente, psichicamente, moralmente che sia riposato, perché in questi incontri io devo dare tutte quelle capacità di energia e di vita che c’ho. Se moltiplico gli incontri significa che sono stanco e la stanchezza non permette la lucidità, per cui via via, incontro dopo incontro dai sempre di meno. Allora questo non vale. Allora è brutto dire di no, indubbiamente, però è necessario, perché non si può dire di sì a tutti.

Allora l’equilibrio nel darsi agli altri è questo: io posso dare soltanto nella misura che sto bene. Se sono stanco il mio amore sarà un amore stanco e l’amore stanco non comunica vita.

Bene, vi ringrazio tutti. Grazie.